Il complesso universitario federiciano di San Giovanni a Teduccio ha aperto le porte della Digita Academy, diretta da Antonio Pescapè, per ospitare Ravi Sundaram, in un appuntamento da titolo “Pirate Modernity: Infosfera, pirati tecnologici e immaginazione. Oltre il dualismo reale/virtuale”, che rientra nell’ampia gamma di attività previste dal programma di ricerca/azione Societing4.0.

Alex Giordano

E’ il professor Alex Giordano ad introdurci a questo melting pot culturale, che non vede solo la presenza dell’illustre professore di Delhi, ma anche del professor Adam Arvidsson, docente di Sociologia della cultura digitale presso il dipartimento di Scienze Sociali e di Cesare Moreno, presidente della Onlus Maestri di Strada, associazione che dal 2003 lavora soprattutto nelle periferie per promuovere la cittadinanza attiva dei giovani e combattere la dispersione scolastica.

Professore presso il Centre for the Study of Developing Societies (CSDS) di Delhi e fondatore del prestigioso Sarai Programme e del collettivo Raqs Media, Ravi Sundaram ha aperto il suo intervento raccontandoci la sua storia che, come sostiene, ha cominciato a fondersi con quella della tecnologia, quando si è trasferito negli USA per continuare i suoi studi universitari.

«The history of internet is my own history», è la frase che sintetizza meglio il racconto della sua esperienza, alla quale ha affiancato dei landmark tecnologici, come l’invenzione del primo browser, e il Mac II, il primo computer che abbia mai visto, con il quale, attraverso pochi rudimenti di dattilografia, gestiva la newsletter universitaria.

Ravi Sundaram all’incontro Pirate Modernity

Ravi Sundaram sostiene di non essersi mai sentito intimidito di fronte alla tecnologia, e questo suo imprinting gli ha permesso di sviluppare la sua sensibilità mediale che lo contraddistingue e gli consente di percepire l’animazione dei media, come se fossero una pelle, che nel momento in cui ti tocca ti contagia, «Media is like a skin», come ha detto prima di lui il guru della comunicazione Marshall McLuhan.

Per Sundaram risulta quasi innaturale raccontare di una vita senza connessioni, qualcosa di innervato nei tessuti umani, impossibile da scindere dall’individuo e dalla collettività, qualcosa di indispensabile per le relazioni umane.

Un mondo senza elettricità è inconcepibile, così come un mondo senza connessioni, ritornando al concetto di pelle, che Sundaram ribadisce per sottolineare la pervasività assunta oggi dai media.

Essi sono infatti appendici del nostro corpo: è il caso ad esempio della memoria tecnologica, come quella dei cellulari che ieri funzionavano da database per i numeri in rubrica, oggi sono arrivati a trasmettere in diretta le nostre vite, trasformando radicalmente il concetto di essere umano.

E se le tecnologie della comunicazione rivestono un ruolo così centrale nelle nostre vite, è evidente come sia fondamentale la questione della digital literacy. Sundaram puntualizza che per comprendere e arrivare a padroneggiare la tecnologia infatti non serve un’educazione di un certo tipo, nè tantomeno particolari risorse economiche: tutto ciò di cui hai bisogno sono i comandi, gli oggetti e le chat groups. E quest’ultimo punto risulta particolarmente interessante.

In tutto il discorso di Sundaram, infatti, è possibile cogliere l’eco della filosofia collaborativa e peer-to-peer che ha caratterizzato le origini dell’informatica e di Internet in particolare. Quando finalmente i computer arrivarono in India nessuno comprava i software: si condividevano così come tradizionalmente si condividono i libri, così racconta mentre indica una fotografia ritraente una moltitudine di cd e cassette ammassati l’uno sull’altro, proiettata per parlarci del mercato pirata di New Dehli.

Esempio di un pirate market

La realtà dei “mercati pirata”, argomento centrale nel volume Pirate Modernity, è una costante in tutte le città del mondo, afferma Sundaram, mentre fa scorrere una serie di foto di questi market indiani e cinesi. In effetti, basta pensare a Napoli per renderci conto di quanto questa affermazione sia vera. Sundaram sostiene che è proprio in questi mercati, in questo mondo parallelo e pirata, che si impara di più sulla tecnologia.

I media sono infrastrutture, e la differenza tra le infrastrutture di oggi rispetto a quelle di ieri è¨ la loro assoluta pervasività. E’ per questo che è essenziale capire i media, dal momento che essi stanno cambiando il modo in cui viviamo, in cui abitiamo il mondo. E se dunque i media vanno compresi e analizzati, tale analisi non può in nessun modo prescindere dalla profonda conoscenza delle loro caratteristiche e proprietà materiali.

Ravi sundaram
I ragazzi presenti all’incontro con Ravi Sundaram

L’incontro così, dopo un dibattito articolato e interattivo sostenuto dalle domande e dalle osservazioni di speakers e studenti, volge al suo termine con un duplice invito. Il primo, proviene dal professor Sundaram, che si congeda esortando la propria platea a “provare, almeno una volta nella vita, ad assemblare una media machine“. Il secondo invito, invece, proviene da Cesare Moreno, il quale chiude la sessione lanciando la proposta di un hackathon targato Societing4.0 proprio presso la Digita Academy, e lasciando dunque intravedere nuovi spunti per questo promettente mix di “ricerca e azione”.

Ravi Sundaram, Adam Arvidsson, Alex Giordano, Cesare Moreno

 

Guarda la diretta dell’incontro con Ravi Sundaram alla Digita Academy.

 

 

Articolo e immagini realizzati dai ragazzi del corso #Societing del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università degli Studi di Napoli Federico II

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