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Addio, a domani: da Sabrinex a Sabrina

«Le parole hanno un potere immenso, quello di costruire il futuro», così scrive Sabrina Efionayi nel suo ultimo libro edito da Einaudi. Si tratta della storia di una vita, la sua. Una storia che, sin dal titolo, si presenta come caratterizzata da due aggettivi: incredibile e, soprattutto, vera.

Sabrina è una giovane donna nata a Castel Volturno; durante i primi anni delle superiori comincia a scrivere su Wattpadun social network, una community letteraria dove chiunque può ritagliarsi il proprio spazio e scrivere qualsiasi cosa gli passi per la testa. I romanzi di Sabrinex – questo il suo nickname – si ambientano altrove, senza mai sfiorare né l’Italia né lei stessa; sono storie di ragazze, bianche, alle prese con le loro vite. E funzionano! Così tanto che, tra il 2016 e il 2017, Sabrina pubblica per Rizzoli tre dei suoi romanzi: OVER (2016) OVER 2 (2016) e #TBT Indietro non si torna (2017).

Poi Addio, a domani, una scrittura del tutto diversa, autobiografica, matura e sofferta. In questo libro Sabrina smette di essere Sabrinex per essere solo e soltanto sé stessa.

Sabrina Efionayi è una ragazza napoletana afro-discendente e – come si legge già nella presentazione del libro – ha due madri. Una è Gladys, la sua madre biologica – nigeriana di nascita – che è venuta in Italia a soli diciannove anni per lavorare e sostenere così la sua numerosa famiglia rimasta a Lagos; una giovane donna piena di speranze rivelatesi illusioni perché avrebbe finito per essere una schiava del sesso vendendo il proprio corpo tra abusi e maltrattamenti. L’altra è Antonietta, moglie di Nando e madre di due figli; napoletana, si trasferisce a Villaggio Coppola, una frazione di Castel Volturno nata “spontaneamente” negli anni ’60 e divenuta ben presto, anche se solo per un breve periodo, il sogno di ogni vacanziere alto-borghese.

Antonietta non immaginava di certo che un giorno Gladys avrebbe attraversato la strada tra le loro case e le avrebbe messo in braccio Sabrina, un fagottino di soli undici giorni, chiedendole di occuparsi di lei, di diventare sua madre per salvarla da un destino già scritto. Non lo immaginava, eppure quando è successo ha accettato.

Da quel momento Sabrina si è ritrovata a crescere tra Castel Volturno e Scampia, tra Prato e Lagos, cambiando famiglia, lingua, sguardo e cultura, in costante ricerca di un centro di gravità. I rapporti con la sua madre biologica e con le sue origini non si sono interrotti, ma ha vissuto in Italia, ha frequentato qui la scuola. Si è diplomata con ottimi voti e si è iscritta al Dipartimento di Scienze Sociali della Federico II, come extracomunitaria.

Sabrina Efionayi | Δίαιτα – Societing Summer School 2021

Da sempre legata in prima persona ai temi della discriminazione, del razzismo e delle disuguaglianze sociali ha deciso, con questo libro, non solo di raccontare la sua storia, ma di dare voce a tutte le ragazze e a tutti i ragazzi italiani nati da genitori stranieri che non vengono riconosciuti in quanto tali.

In un’intervista al Corriere della Sera, Sabrina si fa portatrice di un messaggio che costringe, per lo meno, ad una riflessione: «il razzismo è qualcosa che ci bagna tutti […] Dobbiamo lavorarci, capirlo. Gli altri sono più simpatici, se finalmente riesci a vederli». Un messaggio profondamente politico come ogni aspetto della nostra esistenza.

«Nella nostra storia non ci sono buoni e cattivi, c’è la vita. E forse è così in tutte le storie» dice la nostra giovane autrice, che confessa anche quanto sia stato bello, per la prima volta, andare a votare; sentire nelle proprie mani il peso e la responsabilità di poter e voler fare qualcosa.

Siamo sempre troppo abituati a tutto questo per rendercene conto; siamo troppo abituati a dare per scontati dei diritti che – il più delle volte – sono il risultato di battaglie che qualcun altro ha combattuto per noi.

Fonti e approfondimenti: Corriere della sera